Don Romano Valle, insegnante, fondatore di parrocchie e camminatore

Wednesday 9 November 2016

Ha chiuso gli occhi a questo mondo don Romano Valle,   canonico onorario del capitolo metropolitano, l’ultimo prete diocesano che abbiamo visto (sempre, meno con le gite in montagna) con la veste talare. Solo pochi sacerdoti ne sono come definiti. Avevanovantacin1que anni, essendo nato a Gorizia nella zona di Straccis, il 7 settembre 1921. Una famiglia molto modesta che lo vide entrare in seminario per diventare sacerdote: è uno degli ultimi sacerdoti che ha frequentato il seminario minore e quello teologica diventando sacerdote nel 1946 per le mani dell’arcivescovo Carlo Margotti nella chiesa di S.Carlo a Gorizia Una classe di sacerdoti friulani e sloveni, croati e italiani, fra i quali non mancano le figure di alcuni vescovi.

Diventato sacerdote , anche a causa della scarsa salute, accompagnò l’ingresso a Monfalcone, parrocchia di S.Ambrogio, del nuovo parroco don Oliviero Foschian, che lo accolse insieme ad altri cappellani.. Insieme con lui, oltre ad altri sacerdoti, camminò per quasi venti anni don Pino Deluisa, parroco di S.Giuseppe. Le primizie del sacerdozio sono state anche per don Valle particolarmente intese, fra scuola e attività formativa fra gruppi dei ragazzi e dei giovani. Un tempo di intense amicizie e di grandi attese.

Nel 1966, alla morte precoce del decano, don Valle fu trasferito a Gorizia nella parrocchia del S.Cuore dove operò per alcuni anni: nel 1970, con la istituzione di nuove parrocchie cittadine, si assunse l’incarico di essere primo parroco della nuova parrocchia di S.Giovanni di Dio e S.Giusto. Un rione di tanti figli e che prese forma sottola sua attenta cura. Molteplici sono le iniziativa che egli avvia e che rendono la vita del borgo e della parrocchia particolarmente vivace.

Contemporaneamente, come in occasione del ministero monfalconese, don Valle è stato insegnante di religione nelle scuole; a Gorizia la sua opera è legata ad un felice periodo all’istituto dei ragionieri e geometri. Una presenza qualificata e ricordata a lode di un magistero di vita.

Nel 1985, don Valle accetta un ultimo trasferimento: diventare parroco di S.Ambrogio e decano. Un ritorno che lo vide strenuamente impegnato per oltre venti anni, fino al 1998. Per lui fu un innesto di giovinezza nel ritrovare amicizie e legami; egli vi si prodigò diventando il centro di una intensa attività formativa e organizzative. Sono proverbiali le sue catechesi di cresima per gli adulti e i suoi incontri di formazione; altrettanto significative la sua visita alle famiglia per la benedizione delle case e la sua presenza in canonica, dove tutti lo potevano incontrare. Da Gorizia, poi, portò l’esperienza delle camminate in montagna al giovedì: con lui tante persone, amici e colleghi di scuola, giovani e ragazzi, sperimentarono l’esperienza di andare in montagna. Una esperienza che lo rendeva felice e che visse finchè le forze lo sostennero.

Nel tempo del suo servizio a Monfalcone, don Valle rinnovò l’oratorio e si assunse il compito di animare l’asilo infantile S.Maria dopo l’abbandono delle religiose. E’ stata anche componente del Collegio dei consultori (1994-1999). Quando le forze lo abbandonarono si ritirò alla casa del clero a Gorizia. Si è spento nella notte fra l’8 ed il 9 novembre scorso.

Sacerdote secondo un chiaro schema teologico e pastorale, don Valle ci ha sempre aggiunto la sua serenità e la capacità di accompagnare i fatti con un suo commento, letterario o di amicizia ma anche dottrinale come sapeva essere. Uomo di relazioni, aveva attenzione per tutti, riservandosi magari, di una parola in più e di un rilancio del discorso. Affabulatore si è costretto sempre a stare dentro alle situazioni della vita che non sempre sono state facili con lui. Anche per questo in tanti sono venuti per ringraziarlo.

Il rito di commiato, presieduto dall’arcivescovo Carlo e concelebrato da numerosi sacerdoti, ha avuto luogo al duomo di Monfalcone con notevole partecipazione di persone venute a salutare il sacerdote che ha dedicato quali sessanta anni al servizio pastorale della chiesa di S.Ambrogio. a tante famiglie e tanti amici. Don Valle è stato collocato nella tomba dei sacerdoti al cimitero comunale della città dei cantieri.

Un ricordo dall’esperienza di S. Giusto

Uomo totalmente dedito al Signore e alla sua Chiesa, non ha mai cercato o tenuto niente per sé: né persone, che ha saputo sempre lasciare libere; né cariche o onori, che ha sempre rifiutato; né tantomeno le cose, che mai ha voluto e neppure spesso usato: gli scarponi pesanti per l’inverno, gli scarponcini leggeri per l’estate; la veste talare, che portava come segno identificativo e volutamente riconoscibile del sacerdote e come segno di mortificazione personale; il rifiuto costante delle comodità, come ad esempio dell’automobile, a favore della sua più semplice bicicletta; libri e giornali quotidiani i suoi unici averi.
Uomo appassionato del sapere cristiano, che ha arricchito non soltanto con gli studi teologici istituzionali, ma con letture autonome che sapeva tradurre poi a livello pastorale: Maritain, uno dei suoi più amati, e poi i personalisti ed esistenzialisti cristiani francesi, come Emmanuel Mounier e Gabriel Marcel, per citarne alcuni, assieme ai poeti come Claudel, Peguy e l’amatissimo Tagore.
Filosofia e poesia i suoi strumenti pastorali privilegiati, assieme al gioco e al racconto, di cui infarciva i sabati pomeriggio in parrocchia e nei giardini delle case private con miriadi di ragazzi; oltre all’arte pedagogica mutuata dallo scoutismo e dalla psicologia, che diventavano suggerimenti, indicazioni di vita e strade da percorrere, proposte specialmente nella predicazione e nel colloquio personalizzato con i ragazzi, adolescenti e giovani che pullulavano nella parrocchia di S. Giusto a Gorizia.
Parrocchia che è stato richiesto di fondare, iniziata percorrendo in bicicletta a raccogliere i ragazzi che giocavano per strada nelle vie e nei quartieri attorno alla chiesetta, cappella dell’ospedale omonimo.
La presenza assidua in parrocchia (non ha mai fatto un giorno di vacanza per conto suo, a memoria d’uomo), il suo ufficio sempre aperto, la scrivania zeppa di ritagli della pagina culturale dell’Osservatore Romano e dell’Avvenire, ritagli che passava ai ragazzi adolescenti degli anni Settanta, con i quali passava pomeriggi a discutere di Vangelo, di filosofia e del senso cristiano della vita. E che faceva coinvolgere nella vita della comunità cristiana con il canto e la musica nella liturgia, il teatro, il gioco, la formazione cristiana esplicita, la ricreazione.
Il rinnovamento della liturgia nel post Concilio lo ha visto protagonista con scelte coraggiose, se non innovative, anche discusse, in cui lasciare spazio privilegiato ai giovani, ai nuovi linguaggi musicali e specialmente alla partecipazione attiva dei fedeli, soprattutto con il canto comunitario.
Le sue omelie domenicali, cominciate già al lunedì con il foglietto formato A5 inserito nella Lettera 22, erano brevissime, infarcite di immagini evangeliche, di citazioni poetiche, spesso nel genere letterario del soliloquio o della preghiera, in un sottofondo attentissimo al contesto culturale contemporaneo e alla filosofia cristiana, e venivano ricercate, ascoltate, ricordate sia dagli adulti che dai giovani che dai più piccoli.
Nelle gite settimanali tutti i santi giovedì d’estate, alle migliaia di giovani accompagnati in montagna faceva esperimentare l’amore per la bellezza della natura e per la fatica: “per aspera ad astra”, con l’amore passionale per le vette che alludeva “alla Vetta da cui non servirà più discendere”.
Uomo di grande generosità pratica, che non ha lesinato aiuti economici e doni a chi richiedeva e anche non richiesti, specialmente alle opere di Chiesa nelle quali credeva e che ha sostenuto fino alla fine della sua vita, come l’oratorio San Michele di Monfalcone e la scuola materna parrocchiale di S. Ambrogio.
E poi le frasi importanti, ripetute oportune inportune, che diventavano massime di vita per chi le ascoltava; generazioni di ragazzi ne hanno fatto tesoro per la loro vita futura:

Essere qualcuno per qualcuno
Pensare prima agli altri e poi a se stessi
L’importante è servire e non essere serviti
Non hai donato nulla finché non hai donato te stesso; non hai donato tutto finché non hai donato Dio.

Così è accaduto a te, caro don Valle. Grazie.

Don Sinuhe Marotta