Don Giorgio: Uomo della Parola, uomo dell’ascolto e dell’accoglienza, uomo di Dio

Thursday 16 May 2024

L’arcivescovo Carlo ha presieduto la mattina di giovedì 16 maggio 2024 in cattedrale le esequie del sacerdote diocesano Don Giorgio Giordani.

Quando mi capita di celebrare un funerale – e di solito per il vescovo questo succede in riferimento a dei sacerdoti o comunque a persone che hanno un rilievo pubblico – mi sorge sempre la domanda su che cosa mi viene chiesto di fare. Certamente non un elogio funebre del defunto, con il rischio di cadere nella retorica. Anche se, aggiungo subito, il fatto che anche in ambito non religioso si ricordino le persone scomparse con un elogio ha in sé qualcosa di positivo. Mi piace infatti vederlo come un mettersi, spesso inconsapevolmente, in sintonia con Dio e con il modo con cui Lui vede la nostra vita al momento della morte. Al temine della vita Dio ci giudica, ci rinfaccia i nostri peccati, ci rimette davanti i nostri errori, ci condanna o non piuttosto ci elogia e gioisce con noi del bene sperimentato e dell’amore vissuto?

Sono certo che don Giorgio sarebbe d’accordo con questo secondo modo di vedere il nostro essere accolti da Dio quando si conclude la nostra vita terrena. Però più che un elogio, penso che nei confronti di chi visibilmente ci ha lasciato, ci venga richiesto di porci una domanda: che Parola di Dio è stata questa persona per noi, per me? E oggi in particolare don Giorgio?

Ognuno di noi può e deve rispondere a questa domanda per far diventare poi la risposta ringraziamento a Dio in questa Eucaristia per il dono che ci ha fatto con la presenza in mezzo a noi di don Giorgio. Un rispondere che ovviamente dipende dalla conoscenza e dalla relazione che ciascuno ha avuto con lui. Da parte mia cerco di rispondervi a nome della Chiesa di Gorizia. Lo faccio a partire dai brani della Scrittura che sono stati proclamati e anche dalla concreta relazione con don Giorgio.

La prima lettura e il salmo sottolineano un aspetto della persona di questo sacerdote che sembra persino pleonastico sottolineare: don Giorgio è stato un uomo della Parola. Un sacerdote, uno studioso innamorato della Scrittura, profondo conoscitore di essa e con il grande dono di saperla proporre non solo in contesti accademici, ma alle più diverse categorie di persone che incontrava. Don Giorgio sapeva affascinare con le sue parole, il suo modo di esprimersi, il suo tono di voce, le immagini usate, le frasi pregnanti.

Correggo, però, subito quanto ho appena detto, perché so che don Giorgio mi rimprovererebbe. E preciso: don Giorgio sapeva affascinare con le sue parole alla Parola e non a se stesso. In lui non c’era spazio per la sua sapienza, ma per la sapienza della Scrittura. Ecco così è giusto. Sapeva quindi trasmettere un fascino che Lui stesso provava verso quella Parola che frequentava continuamente nella sua vita. Davvero don Giorgio viveva quanto viene espresso dal salmo 118, dove ogni versetto di questo lunghissimo salmo si riferisce alla Parola di Dio.

C’è un aspetto meno evidente del rapporto di don Giorgio con la Parola, anche per il suo pudore di manifestare la profondità della sua interiorità, un aspetto che il brano della prima lettera ai Corinti ricorda. E cioè che il riferimento alla Parola per don Giorgio non era a buon mercato, ma dentro l’esperienza personale della croce, anche della sofferenza e della fragilità. In questo senso, in misura discreta e potremmo dire “signorile” (un altro tratto della persona di don Giorgio), si possono applicare con verità a lui le parole di Paolo: «Mi presentai a voi nella debolezza e con molto timore e trepidazione. La mia parola e la mia predicazione non si basarono su discorsi persuasivi di sapienza, ma sulla manifestazione dello Spirito e della sua potenza, perché la vostra fede non fosse fondata sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio».

Vorrei sottolineare un secondo tratto della persona di don Giorgio per cui lui è stato una Parola per noi ed è l’ascolto. Chi ama la parola ed è capace di usarla rischia spesso di trascendere, di parlare sempre, di prendere persino il gusto di autoascoltarsi e di autocompiacersi. Don Giorgio non era così. Era una persona che sapeva ascoltare, anzi più profondamente che sapeva accogliere. Penso che l’aggettivo che lo descriva di più sia accogliente. Don Giorgio insegnava quello che viveva lui in prima persona e lui viveva l’accoglienza della realtà (e non l’ideale) delle persone e delle situazioni. Un’accoglienza che era sempre dentro ogni suo discorso e atteggiamento. Don Giorgio non semplificava la realtà, non la irrigidiva, ma neppure la idealizzava. Compresa la realtà della Chiesa e anche, altro tema che gli stava a cuore, quella dei giovani, verso cui era un vero “maestro” nel senso più profondo del termine. E sempre con un atteggiamento di positività e con il desiderio di trovare la strada per comunicare…

Comunicare che cosa? E qui accenno a una terza e più radicale aspetto di don Giorgio, il vero cuore della sua persona. Comunicare che cosa? Dio, semplicemente Dio. Anzi farlo scoprire dentro ciascuno. Usiamo una parola un po’ tecnica della filosofia antica: don Giorgio era un “maieuta”, cioè qualcuno in grado di sollecitare in chi lo ascoltava a ritrovare in sé stesso la verità. Non tanto però la verità filosofica, ma Dio. Quante volte abbiamo sentito don Giorgio ricordarci che ciascuno di noi è il luogo in cui Dio è presente, che ognuno di noi ha dentro di sé un germe di Dio, che il nostro tempo non è un “cronos”, ma è un “kairos”, è il tempo di Dio. Quante volte don Giorgio ci ha invitato a una vera conversione come accoglienza di quello che siamo e di ciò che Dio è già in noi e ad avere la consapevolezza che la mia vita è un’espressione di Dio.

Il brano del Vangelo di oggi era uno dei suoi brani preferiti. Un passo che ci ricorda che siamo tralci della vite che è Gesù, il rivelatore del Padre, e che in noi scorre la vita stessa di Dio. Don Giorgio si sentiva molto in sintonia con queste parole di Gesù e leproponeva traducendole nei suoi temi ricorrenti: la vita del cristiano come una vita che sia “felice della felicità di Dio”, l’”essere come Dio ma senza essere Dio”, “Gesù come la Parola che comunica Dio”, la vita come il respirare l’ossigeno di Dio”, noi che “siamo continua relazione con Dio”, ecc.

Uomo della Parola, uomo dell’ascolto e dell’accoglienza, uomo di Dio: questo è stato don Giorgio, e per questo, mentre preghiamo per lui, ringraziamo il Signore per il dono che ha dato alla nostra Chiesa con questo sacerdote.

Lasciatemi concludere con una confidenza. Ho pensato in questi giorni a che cosa avrà detto don Giorgio entrando nella dimensione di Dio. Penso un’espressione che lui spesso utilizzava parlando di Dio e della sua presenza in noi: “E’ meraviglioso!”. Sono sicuro che la sua meraviglia e la sua gioia per il mistero di Dio durerà per l’eternità.

+ vescovo Carlo