L’Africa è forse il continente più ricco al mondo e forse, proprio per questo, il più sfruttato. Così l’Africa è ricca e gli africani sono poveri, spesso troppo poveri. In casa hanno tutto ciò che serve per vivere bene eppure per la loro sopravvivenza dipendono dagli altri, tra i quali ci siamo anche noi europei d’Italia, nonché goriziani, isontini, friulani o come vogliamo chiamarci. Gli abitanti più ricchi del pianeta (tra i quali noi) hanno paura che gli africani inizino a governare veramente il loro paese. Temono (temiamo) che si arricchiscano a scapito loro (nostro). Persino nella Chiesa c’è qualche non-africano che vorrebbe governare i cristiani dell’Africa a modo suo, secondo un cristianesimo ‘ricco di storia e di teologia’ ed ‘emancipato da schiavitù e logiche di potere’ che però non appartengono all’Africa nello stesso modo in cui appartengono ai non-africani e in particolare agli europei.
Tutti coloro la cui ricchezza dipende (anche) dall’Africa hanno paura della sua autonomia: hanno paura infatti che la nascita di questa possa far diventare loro più poveri. E a buon ragione sia perché è così che spesso gira il mondo, sia perché non è giusto che l’Africa sia solo degli africani. Solo che la buona ragione di quest’ultima considerazione riposa nel fatto che nemmeno l’Europa è solo per gli europei e similmente gli altri continenti solo per chi li abita. La verità è che noi abbiamo bisogno dell’Africa e l’Africa di noi. La Chiesa di Gorizia ha bisogno della fede semplice, limpida, entusiasta e neofita dell’Africa e questa della provata, disincantata, resistente fede di una Chiesa di antica evangelizzazione come la nostra in contesto di secolarizzazione.
Dopo aver messo piede in Africa con l’Arcivescovo Carlo e don Flavio, e stretta la prima mano o salutato alla maniera africana con tre tocchi di fronte il nostro primo ospite, ho intuito da subito che il futuro di collaborazione che ci attende chiede di essere più lungo e ricco di promesse del pur ‘glorioso’ passato che ci appartiene. E tutti gli interlocutori incontrati lo hanno confermato con l’accoglienza e con le parole. L’Africa è cambiata molto dalla fine degli anni 60 in cui è iniziata la collaborazione con le Chiese africane e le esigenze di evangelizzazione e di promozione umana non solo sono andate via via aumentando ma si sono anche notevolmente differenziate e specializzate. Ma soprattutto è cresciuta negli africani la consapevolezza e la responsabilità dell’evangelizzazione, così da richiedere oggi non tanto dei missionari per la testimonianza del Vangelo (peraltro sempre auspicati!), quanto il necessario sostegno economico per il loro impegno ecclesiale. Se l’Africa è ricca di tutto è però povera finanziariamente. E se la prima forma di aiuto rimane lo scambio di esperienze e di testimonianza (da qui l’impegno sempre più grande nell’accoglienza di preti africani in diocesi), il sostegno finanziario per l’autonomia pastorale è certamente l’esigenza più urgente.
Se il mondo ha bisogno di solidarietà e di fratellanza per uscire dalla paura della logica di dominio del più forte sul più debole, la Chiesa nasce come segno di tale solidarietà e fratellanza. Sradicare la logica del dominio per quella della comunione è la sua natura e il suo compito. Con la forza del Vangelo, facciamo in modo dunque che le rispettive ricchezze delle comunità cristiane qui da noi e in terra d’Africa siano reciprocamente donate con generosità secondo le possibilità e per il bene di tutti e di ciascuno. Accoglieremo così anche l’ultimo invito di papa Francesco a mettere il poveri e la Parola di Dio al centro della missione ecclesiale.
Don Franco Gismano
Vicario episcopaleper la testimonianza della carità
Tutte le foto del viaggio in Africa sono pubblicate nell’apposita galleria fotografica.