Annuncio e testimonianza

Saturday 4 May 2024

Venerdì 3 maggio 2024 l’arcivescovo Carlo ha presieduto nella chiesa di Sant’Andrea la liturgia in occasione dalla riapertura della parrocchiale.

Sono molto contento di essere qui con voi, questa sera, e vivere con questa bella comunità un momento di grande gioia e festa. Saluto don Carlo, i presbiteri, il diacono e i ministranti, le autorità presenti e tutti voi. Ci lasciamo guidare in questo momento di riflessione, come sempre, dalla Parola di Dio che è stata proclamata poco fa.

La prima lettura di questa sera ci presenta la ricostruzione del tempio dopo l’esilio. Un momento molto forte dal punto di vista liturgico e anche di grande intensità emozionale con la mescolanza di gioia e di pianto. Ovviamente questo brano è stato scelto riferendoci a ciò che oggi celebriamo, ossia la dedicazione di questa chiesa. Ci si potrebbe domandare: è giusta tutta questa enfasi, questa emozione per un edificio, sia pure sacro? In effetti quando si celebra l’anniversario della dedicazione di una chiesa, viene spontaneo per il predicatore dire che ciò che conta è la comunità, che è la vera Chiesa, e non l’edificio chiesa. Del resto celebrate anche i 100 anni della vostra parrocchia. Questo è vero, ma anche l’edificio ha una sua importanza.

Permette che vi racconti a questo proposito una piccola esperienza personale di quando ero chierichetto nella mia parrocchia di Milano della stessa età di questi simpatici ministranti che sono qui sull’altare. È una parrocchia situata nel quartiere “Città Studi” vicino al Politecnico, una zona che allora (negli anni ’60) vedeva una grande crescita della popolazione. La chiesa che si utilizzava era molto piccola e quindi insufficiente per le celebrazioni. Già prima della guerra si era comprato un terreno per costruire una nuova chiesa, ma poi per una serie di vicende non si era riusciti nell’intento. Restava allora solo la possibilità di ingrandire la chiesa esistente con un notevole impegno economico della comunità. Anche noi chierichetti eravamo stati coinvolti e il parroco ci aveva dato dei foglietti di color mattone da vendere a 100 lire per cercare fondi per la chiesa (ovviamente i chierichetti che vendevano più “mattoni” ricevevano un premio…). Alla fine si era riusciti a rimettere a nuovo e ingrandita la chiesa e tutti, anche noi piccoli, siamo stati molto contenti e abbiamopartecipato a un pellegrinaggio a Roma per ringraziare il Signore e per comunicare la nostra soddisfazione a papa Paolo VI che conosceva bene la situazione della chiesa essendo stato arcivescovo di Milano fino a un paio di anni prima.

Non so bene come fosse la comunità di Sant’Andrea di cento anni fa, ma sono certo che abbia vissuto un simile impegno nel trovare le risorse per la ricostruzione della chiesa (presumo che non fosse particolarmente ricca e agiata) e sicuramente ha provato gli stessi sentimenti di gioia quando è riuscita a realizzarequesta bella chiesa. È giusto allora celebrare questo edificio, continuare a curarlo con attenzione – come già fate – affinché sia bello, accogliente, capace di parlare di Dio e della comunità cristiana. Perché conta il contenuto, cioè la presenza di Dio e della comunità cristiana, ma anche ciò che è segno reale di questa presenza.

La seconda lettura ci parla della comunità cristiana attraverso il brano degli Atti degli apostoli che conosciamo tutti molto bene. Di solito si interpreta queste righe come se presentassero l’ideale della Chiesa, che pertanto non sarebbe che realizzato solo in parte dalle nostre concrete comunità. Direi che invece dell’ideale ci presenta l’essenziale, cioè quegli elementi indispensabili affinché ci sia una vera comunità cristiana: l’ascolto della Parola, insegnata e spiegata da chi ne ha il compito, la preghiera comune, l’Eucaristia, la carità con la condivisione dei beni soprattutto verso i più poveri. Elementi che, ne sono sicuro, hanno caratterizzato in questi 100 anni la comunità di Sant’Andrea e hanno visto questo edificio come luogo in cui sono stati principalmente vissuti. Occorre fare in modo di continuare a viverli oggi, anche con quella creatività che è dono dello Spirito Santo. Egli ci dà la grazia della continuità nella fede tra generazioni – e l’Eucaristia di stasera è anche l’occasione per ricordare e ringraziare chi si è speso nei decenni per questa chiesa e questa comunità –, ma insieme lo Spirito ci dona la capacità di un annuncio e di una testimonianza sempre nuovi in un mondo che cambia rapidamente.

Annuncio e testimonianza che sono compiti essenziali per una comunità cristiana autentica. Ce lo ha ricordato il Vangelo presentandoci il mandato missionario del Risorto: andate, annunciate, fate discepoli tutti… Come realizzare questo mandatooggi e in futuro? Come sapete papa Francesco parla spesso di Chiesa in uscita. Non significa certo una comunità che esce di chiesa e la lascia vuota, ma di una comunità che incontrando il Signore in chiesa, ascoltando la sua Parola, nutrendosi dell’Eucaristia trova la forza per entrare nelle varie realtà del mondo testimoniando il proprio essere cristiana.

Che cosa chiederà il Signore a questa comunità affinché sia missionaria qui a Gorizia e in questo tempo? Non lo so e spetta a voi, con il dono dello Spirito, e in comunione con il cammino dell’intera diocesi individuare i passi concreti partendo dalla situazione reale. Senza pretesa di completezza accenno ad alcuni elementi da tenere presenti partendo anzitutto dalla realtà della nostra Chiesa diocesana e della città di Gorizia.

Circa la nostra Chiesa, cito soltanto l’impegno di valorizzazione della Parola di Dio, la ricerca di nuove forme di presenza sul territorio che sottolineino maggiormente la comunione come le unità pastorali, lo sforzo di trovare nuove vie per l’iniziazione cristiana, la preghiera e l’impegno per le vocazioni, in particolare quelle diaconali e sacerdotali, che sianoespressione delle diverse lingue e culture proprie della nostra Arcidiocesi.

Per quanto riguarda la città, il fatto anzitutto che Gorizia con Nova Gorica sarà tra qualche mese capitale europea della cultura potrebbe essere la spinta a continuare nel cammino di comunione e collaborazione tra le diverse lingue e culture di qua e di là del confine. O ancora potrà essere l’occasione per un’accoglienza di chi verrà qui e vorrà conoscere la nostra storia travagliata, ma insieme il nostro impegno per la pace e la riconciliazione. La circostanza poi che Gorizia è e sarà ancora punto di passaggiodella rotta balcanica ci impegnerà ancora di più nell’accoglienza, ma anche nella proposta di una limpida testimonianza cristiana che possa portare anche persone di altre religioni o lontane da una fede a scegliere di diventare cristiane. L’invecchiamento della popolazione di Gorizia può e deve spingere a una maggior attenzione agli anziani, che sia anche testimonianza di una speranza cristiana che guarda con fiducia oltre la morte. La scelta di molti genitori, anche cristiani, di non battezzare i bambini (pochi, ma che ci sono), dovrebbe spingere a una pastorale di testimonianza attenta alle giovani coppie e capace di far gustare la bellezza della fede cristiana.

Sono solo alcuni accenni, altri potrete aggiungerli voi in un cammino di discernimento, ringraziando il Signore per questi 100 anni, ma guardando avanti con impegno e con fiducia. Najlepšeželje za sto let vaše cerkve in vaše skupnosti.

+ vescovo Carlo

2