La Passione del Signore

Thursday 17 March 2016

Dal Vangelo di Luca 22, 14-71; 23, 1-56

La Cena pasquale
Gesù confessa il suo forte desiderio di celebrare la Pasqua, anticipo della passione e attesa del compimento (nella Messa si ricorda tutto ciò in particolare nella proclamazione dopo la consacrazione: «Annunciamo la tua morte Signore, proclamiamo la tua risurrezione, nell’attesa della tua venuta»). Colpisce l’estrema sinteticità del racconto dell’istituzione dell’Eucaristia; solo due versetti, ma l’essenziale è detto: il Corpo dato, il Sangue versato che è la nuova alleanza (già preannunciata dai profeti: Ger 31,31-34), l’invito a fare questo in memoria di Lui.
I gesti e le parole di Gesù sono sorprendentemente accompagnati da quattro realtà negative: il tradimento  di  Giuda, la discussione tra i discepoli (proprio durante l’ultima cena…) su chi sia tra loro il più grande, il preannuncio del rinnegamento di Pietro, il fraintendimento circa la spada da procurarsi.
Molto significativo il  preannuncio del rinnegamento di Pietro, che Luca  descrive in un modo diverso dagli altri evangelisti. Gesù si rivolge all’apostolo con il nome che aveva prima di averlo incontrato: Simone. Dice che ha pregato per lui, ma non perché non rinneghi,  quanto piuttosto perché non perda la fede e, una volta convertito, possa confermare i suoi fratelli. La fede per Simone non deve essere la fiducia in se  stesso – qui ancora molto orgogliosamente presente -, ma nel Signore, nel suo perdono e nella sua forza. Con questa fede, nonostante la caduta (o forse proprio per aver sperimentato in essa lo sguardo di misericordia di Gesù) Pietro potrà confermare gli altri.
Chi è il cristiano? Colui che partecipa all’Eucaristia per nutrirsi di Cristo e fare memoria della sua passione, mantenendo viva l’attesa del suo ritorno. Nell’Eucaristia impara a servire e a non perdere la fede, nonostante l’esperienza del peccato e della fragilità. Così diventa capace di testimonianza e di annuncio per gli altri.

L’agonia e l’arresto
Luca racconta l’agonia di Gesù per certi aspetti in termini più sintetici e meno duri di Matteo e di Marco (non parla di tristezza e di angoscia, salta la triplice ripetizione della preghiera, inserisce l’accenno all’angelo che conforta Gesù), ma per altri ne accentua la drammaticità con l’annotazione circa il sudore che diventa sangue.
L’esortazione iniziale e finale di Gesù  circa il pregare «per non entrare in tentazione» rende questo episodio esemplare per il discepolo, che deve affrontare nella vita le proprie prove e agonie.
L’arresto manifesta l’atteggiamento non violento di Gesù e il suo essere consapevole di aver sempre tenuto un comportamento nella luce e non nelle tenebre.

Il rinnegamento di Pietro
Qualche ora prima Pietro pensava e diceva di essere  pronto  ad  andare in prigione e persino a morire per Gesù, ma di fatto è solo in grado di «seguirlo da lontano» e di fronte alla prima obiezione di una giovane serva (non certo del sinedrio…) tutta la sua determinazione crolla.
Non il canto del gallo, ma la parola del Signore e il suo sguardo rivolto su di lui (particolare raccontato dal solo Vangelo di Luca), sono ciò che però lo convertono.

Nel sinedrio, da Pilato ed Erode
I carcerieri, il sinedrio, Pilato, Erode: Gesù è nelle loro mani. Deriso e picchiato dai primi, condannato dal sinedrio, debolmente difeso da Pilato che alla fine cede, oggetto di curiosità e di burla da parte di Erode (che diventa amico di Pilato). Alla fine, dopo che gli è stato preferito Barabba che viene liberato, Gesù viene lasciato da Pilato al volere di chi lo vuole crocifisso.

Sulla via del Calvario
Simone di Cirene diventa il primo vero discepolo di Gesù: porta la croce dietro di Lui. Luca poi sottolinea che Gesù non è da solo mentre va verso il Calvario. C’è una moltitudine di popolo che per Luca non ha una parte attiva nel chiedere la morte di Gesù, ma ora lo segue battendosi il petto. Sono soprattutto donne. Gesù dice a queste «figlie di Gerusalemme» di piangere non su di Lui ma sulla sorte futura della città: Gesù non pensa a se stesso ma ha compassione per il castigo che si abbatterà sulla città santa e sui suoi abitanti.

Crocifissione, morte e sepoltura
Tre sono le parole di Gesù dalla croce: quella di scusa («non sanno quello che fanno») e di richiesta
di perdono per quanto stanno compiendo contro di Lui; la parola di salvezza per uno dei malfattori crocifisso con Lui; la parola di consegna del suo spirito al Padre.
Tre sono gli inviti che rispettivamente i capi, i soldati e l’altro malfattore rivolgono a Gesù in segno di scherno. Si tratta di inviti che riprendono le tentazioni (Satana non è solo in Giuda…): “salva te stesso e così ti crederemo”. Gesù invece non si salva, ma perde se stesso per salvarci. Lo comprende uno dei due malfattori, che sarà il primo a entrare in paradiso con Gesù: lui, un malfattore, un condannato a morte precederà tutti (il paradiso è pieno di santi o di peccatori salvati?).
Ci sono anche  degli  atteggiamenti  positivi verso Gesù: il popolo che sta a guardare e che poi si percuote il petto; il centurione che riconosce Gesù come giusto; le donne e i conoscenti che sono presenti, sia pure da lontano; Giuseppe  di Arimatea, membro del sinedrio, che attendeva il regno di Dio, e che si espone coraggiosamente, quando ormai c’è solo da perderci, per assicurare una degna sepoltura a Gesù.

† Vescovo Carlo