Tenere gli occhi fissi su Gesù
Omelia nella celebrazione per gli operatori delle comunicazioni sociali 2023
31-01-2023

Martedì 31 gennaio 2023 si è svolta in cattedrale a Gorizia l’annuale celebrazione cui sono stati invitati in modo particolare gli operatori delle comunicazioni sociali impegnati nel territorio della diocesi. Pubblichiamo di seguito l’omelia del vescovo Carlo.

La celebrazione di stasera è dedicata particolarmente ai giornalisti e a chi lavora nel mondo delle comunicazioni. Loro patrono non è san Giovanni Bosco, la cui memoria ricorre oggi, ma san Francesco di Sales, proclamato patrono dei giornalisti esattamente 100 anni fa da papa Pio XI. Tra i due santi c’è però una grande affinità a tal punto che i seguaci di don Bosco non si chiamano “boscani” o qualcosa di simile, ma “salesiani” proprio per una scelta esplicita del loro fondatore, che voleva si ispirassero alla dolcezza e alla carità di san Francesco di Sales. Per altro, anche san Giovanni Bosco è stato molto impegnato nelle comunicazioni sociali, con molta creatività, come scrittore, editore e apostolo infaticabile della stampa: sono infatti circa 170 le opere da lui pubblicate nel corso della sua vita, alcune delle quali raggiunsero una tiratura davvero eccezionale.

Sotto la protezione di questi due santi, per questo momento di riflessione, vorrei prendere spunto dal messaggio che anche quest’anno papa Francesco ha pubblicato per la giornata mondiale delle comunicazioni sociali, e ovviamente dalla Parola di Dio di oggi. Il titolo del messaggio è: «Parlare col cuore. ” Secondo verità nella carità”». Papa Francesco ricorda che negli scorsi anni i messaggi insistevano su “andare e vedere” e “ascoltare” come condizioni per una buona comunicazione, quest’anno propone il “parlare”, ma “con il cuore”, cioè “comunicare cordialmente”, dando al termine “cordialmente” il suo significato più profondo. Afferma papa Francesco: «Comunicare cordialmente vuol dire che chi ci legge o ci ascolta viene portato a cogliere la nostra partecipazione alle gioie e alle paure, alle speranze e alle sofferenze delle donne e degli uomini del nostro tempo. Chi parla così vuole bene all’altro perché lo ha a cuore e ne custodisce la libertà, senza violarla. Parlare con il cuore significa mettere in modo». Parlare con il cuore, quindi, non significa solo parlare e, ovviamente, scrivere partendo dalle nostre emozioni e dai nostri sentimenti, ma mettersi in sintonia con il cuore dell’altro. Ci sono due affermazioni di san Francesco di Sales che il papa ricorda e che esprimono bene questo: “il cuore parla al cuore” e “basta amare bene per dire bene”. Chi si prende a cuore una certa situazione sa anche comunicarla bene e essere quasi un ponte tra la realtà descritta e il destinatario della comunicazione, che a sua volta deve essere portata a prendersi a cuore quella vicenda raccontata dal giornalista.

Papa Francesco accenna al tema della guerra, anche se non cita esplicitamente quella in Ucraina. È chiaro che un buon giornalista è chi, soprattutto se è sul campo, sa ascoltare con partecipazione – appunto con il cuore – le parole, le sofferenze, le preoccupazioni di chi è ferito dalla guerra e sa trasmettere con le parole, gli scritti, le immagini, i suoni tutto questo al lettore, all’ascoltatore, allo spettatore. Si può però agire così anche per un’abile strategia di marketing: ci sono dei “maghi” della comunicazione che hanno la capacità di suscitare commozione, emozioni, sentimenti, ecc. senza lasciarsi coinvolgere personalmente. Naturalmente la professionalità esige anche una certa freddezza, un certo distacco, altrimenti la cosa non può funzionare e si fa fatica a parlarne con oggettività. Occorre però prendersi a cuore realmente della situazione dell’altro e non giocare con i suoi sentimenti e, peggio ancora, con i suoi drammi personali e familiari.

Il Vangelo di oggi – e vengo alla liturgia che stiamo celebrando – ci fa vedere la capacità di sintonia e di commozione di Gesù, che diventa una squisita attenzione alle persone: a quella donna, condizionata da una malattia che umiliava la sua femminilità, ai genitori della ragazzina (forse anoressica e spaventata dal diventare adulta) e alla stessa ragazza (non solo la fa tornare in vita, ma raccomanda ai genitori un po’ confusi dagli avvenimenti, di darle da mangiare). Gesù quindi è l’esempio a cui guardare se vogliamo imparare ad avere una reale compassione verso chi è povero e in difficoltà. Dobbiamo chiedere allo Spirito Santo di entrare sempre di più nella condivisione dei sentimenti di Cristo.

La prima lettura ci invita a tenere gli occhi fissi su di Lui, a non perderlo di vista, magari dispersi e presi da troppe cose o bloccati dalla pigrizia. La lettera agli Ebrei parla di corsa: non è un invito ad aumentare la frenesia attuale, ma a correre interiormente sempre più verso il Signore. C’è un esempio raccontato dai padri del deserto, che forse conoscete, che parla della difficoltà a perseverare nella vita cristiana se non si hanno gli occhi fissi su Gesù. Si può paragonare la vita cristiana alla corsa dei cani dietro una lepre. Il primo cane che la vede si mette a correre dietro la lepre e abbaia forte. Altri cani sentono il cane che abbaia correndo dietro alla lepre e anch’essi si mettono a correre: sono in tanti che corrono insieme, abbaiando, però uno solo ha visto la lepre, uno solo la segue con gli occhi. E a un certo punto, uno dopo l’altro, tutti quelli che non hanno veramente visto la lepre e corrono solo perché uno l’ha vista, si stancano, si sfiancano. Colui che invece ha fissato gli occhi sulla meta in maniera personale, arriva fino in fondo e acchiappa la lepre.

Dicevano i padri del deserto che la stessa cosa accade per i cristiani: soltanto quelli che hanno fissato gli occhi veramente sulla persona di Gesù Cristo, nostro Signore crocefisso, arrivano fino in fondo e restano fedeli.

Non so se vi piace paragonare Gesù alla lepre, però mi sembra che l’immagine renda: solo se si mantiene un contatto reale con Gesù, con l’ascolto della sua Parola, la preghiera, lo stile di vita cristiana, si può continuare nella corsa della vita e per la direzione giusta. Altrimenti ci si perde, e altro, rispetto al Vangelo, prende il sopravvento. Mi sembra che ci siano alcune professioni più a rischio, come la vostra, dove gli strumenti da gestire abilmente per avere se non soldi, almeno potere e successo, ci sono e sono conosciuti, anzi facili da usare per chi ha un po’ di mestiere. Se non tieni gli occhi fissi su Gesù, se non ti tieni ancorata ai valori del Vangelo, il rischio di assumere altre logiche, calpestando il rispetto delle persone e dei loro diritti, è a portata di mano. E talvolta c’è la scusa pronta che più o meno tutti fanno così.

Vorrei conclude ringraziandovi per il vostro lavoro e leggendovi le parole finali del messaggio di papa Francesco, che sono una vera e propria invocazione, ma anche esprimono un impegno:

“Il Signore Gesù, Parola pura che sgorga dal cuore del Padre, ci aiuti a rendere la nostra comunicazione libera, pulita e cordiale.

Il Signore Gesù, Parola che si è fatta carne, ci aiuti a metterci in ascolto del palpito dei cuori, per riscoprirci fratelli e sorelle, e disarmare l’ostilità che divide.

Il Signore Gesù, Parola di verità e di amore, ci aiuti a dire la verità nella carità, per sentirci custodi gli uni degli altri”.

+ vescovo Carlo