Ciascuno di noi partecipa a disegnare una responsabilità collettiva
Omelia nel Perdon di Barbana 2022
03-07-2022

La comunità di Grado ha sciolto domenica 3 luglio il voto alla Madonna di Barbana secondo una tradizione che trova la sua origine nel 1237. Sull’isola di Barbana l’arcivescovo Carlo ha presieduto la concelebrazione eucaristica pronunciando la seguente omelia.

Il messaggio cristiano è un messaggio di consolazione e di incoraggiamento o di giudizio e di castigo? È una buona domanda. Sappiamo che in diverse epoche della storia millenaria della Chiesa è prevalsa la visione di un giudizio e di un castigo: Dio come giudice, pronto a condannare e la Chiesa come portatrice di questa condanna e di questo giudizio. È stato proprio così o è una visione un po’ calcata?  Direi che purtroppo è avvenuto così e non solo per colpa di qualche atteggiamento esagerato, per esempio, di qualche predicatore infervorato che mandava tutti all’inferno, o di qualche genitore severo che presentava ai figli Dio come il castigatore arrabbiato (l’ira di Dio).

In verità – e cito solo uno delle realtà ufficiali della Chiesa – fino al Concilio Vaticano II – 60 anni fa – tutti i concili avevano tra gli scopi principali quello di condannare qualche dottrina o qualche atteggiamento.

Oggi al contrario, ci troviamo in un’epoca dove se ancora qualcuno si lamenta della durezza di giudizi di qualche esponente della Chiesa ufficiale, c’è invece chi, facendo riferimento in particolare a papa Francesco e ai suoi appelli alla misericordia e soprattutto ai suoi atteggiamenti di grande accoglienza verso tutti, protesta perché la Chiesa non è più quella di una volta e sembra ormai che tutti vadano in paradiso senza fatica…

Ma qual è l’atteggiamento giusto? Le istruzioni che Gesù dà ai discepoli mandandoli in missione sono molto chiare. Loro devono andare a nome di Gesù verso gli altri con uno stile molto preciso, sapendo che prima ancora delle parole contano gli atteggiamenti.

Uno stile di sobrietà, di semplicità, di essenzialità, di fedeltà al mandato, di fiducia verso l’accoglienza degli altri – da ricevere senza ritrosie, senza sentirsi umiliati e con riconoscenza e senza creare tensioni con altre famiglie. Lo stile di chi porta la pace. Una pace che non è il solito saluto shalom, ma è quella del Signore, che deriva dall’accoglienza del regno di Dio, che è un regno di salvezza, di riconciliazione, di cura (e proprio per questo Gesù chiede ai discepoli di curare i malati).

Però, proprio perché la proposta che portano è molto vera e interpella la libertà della persona, i discepoli devono sapere che possono andare anche incontro a un rifiuto. Un rifiuto che diventa un autogiudizio: Dio non condanna nessuno, ma rispetta la libertà di ciascuno: chi rifiuta la sua salvezza si esclude automaticamente da essa.

Ecco allora il giusto rapporto tra misericordia e condanna: la proposta di Dio è sempre di misericordia, di salvezza, di pace, di perdono. Ma è una proposta! Quante volte nel Vangelo si dice: “se”; se vuoi, se mi segui, se amate, se… E quindi la proposta può essere rifiutata: da qui l’autocondanna. La salvezza è come l’aria, ma se uno si tappa naso e bocca e non vuole respirare non è messo a morte da altri, ma è lui stesso che si priva della vita.

Aggiungo altre due considerazioni. Anzitutto il Vangelo parla non tanto di singole famiglie, ma di città. Se la responsabilità è anzitutto individuale, è anche vero che esiste una responsabilità collettiva, che è più della somma di quelle individuali. Così si può dire, per esempio, che nel suo insieme una città è accogliente, è attenta agli ultimi, cerca il bello, rispetta l’ambiente, vuole la pace, ecc. o, al contrario, che è chiusa in se stessa, si disinteressa dei bisognosi, non reagisce verso il degrado, inquina e deturpa, è litigiosa, ecc. È qualcosa di molto vero e riguarda anche intere nazioni. Certo la responsabilità di chi le guida è molto grande, ma non può essere visto come la causa di tutto nel bene e nel male: c’è comunque una responsabilità dei cittadini nel loro insieme.

Dovremmo essere più consapevoli che ognuno di noi ha una responsabilità personale davanti a se stesso, agli altri, a Dio, ma anche che ognuno di noi partecipa in diversa misura a disegnare una responsabilità collettiva, con le sue azioni, le sue parole, i suoi sentimenti… Anche le chiacchiere incontrollate da bar e non solo le delibere di giunta o i decreti di un governo sono determinanti per creare l’atteggiamento di pace, di giustizia, di accoglienza, di riconciliazione di una città o nazione o, al contrario, per fomentare guerra, odio, rifiuto.

Come costruisco io il sentire, l’agire, il giudicare della mia città? E come il mio essere credente nel Vangelo di Gesù mi aiuta a vivere questa responsabilità? Sarebbe una bella domanda da farsi e non solo da parte dei cittadini di Grado.

Una seconda considerazione riguarda chi lavora contro Dio. Non sono solo gli uomini, perché anche il maligno, stando al Vangelo, ha la sua parte di responsabilità. Al di là delle rappresentazioni un po’ ridicole o da film horror, dobbiamo riconoscere che c’è una forza del male che agisce nel mondo e fa disastri. Certo non senza il nostro consenso. E però il Signore è più forte e ci invita a vedere le cose in termini positivi e di speranza.

Gli apostoli si sentono bravi perché, dicono, «anche i demoni di sottomettono a noi». Forse dimenticano anche che questo non avviene per la loro bravura, ma per la forza che ha dato loro Gesù. Il Signore a ogni buon conto riconosce che satana è sconfitto, ma li invita a essere contenti non tanto per questo ma perché partecipano al Regno di Dio («rallegrateci piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli»). Giustamente nel Padre nostro chiediamo come ultima domanda di essere liberati dal male, dal maligno, ma prima chiediamo che venga il Regno di Dio. È ciò che conta. Però è saggio tenere conto che il male c’è ed anche più di quello che gli uomini vogliono.

Stiamo celebrando una festa dedicata a Maria. Guardando a Lei possiamo imparare proprio a vivere il Vangelo di oggi. Lei ci insegna uno stile di umiltà, di semplicità, di fiducia, di servizio. Lei ci insegna a gioire della ospitalità che ci viene donata, come quando va da Elisabetta o viene invitata alle nozze di Cana. Lei è colei che porta Gesù e per questo la pace, la gioia come succede appunto con Elisabetta o quando presenta il Bambino ai pastori e ai magi. Lei ci viene presentata nell’ultimo libro della Bibbia, come colei che è immagine della Chiesa che non è vinta dal male e che genera invece continuamente Cristo nel mondo. È saggio allora affidarci quest’oggi alla sua intercessione, affidare in particolare la città di Grado e i suoi ospiti, affinché possiamo imparare a vivere uno stile evangelico e a sostenere coraggiosamente la nostra responsabilità personale e collettiva a favore della pace, della gioia, della salvezza.  

+ vescovo Carlo

 

(foto Ivan Bianchi)