Qualche giorno fa mi è capitato di leggere su una rivista un articolo che parlava del restauro della Basilica della Natività di Betlemme. Una basilica antichissima, che risale all’epoca costantiniana e che per una serie di circostanze fortunate o, meglio, provvidenziali, non è mai stata distrutta. Una chiesa però che da tempo aveva bisogno di un intervento di restauro, che in questi mesi si sta finalmente attuando grazie a una ditta italiana, riportando la basilica al suo splendore e conducendo anche a scoperte interessanti. Per esempio, recentemente è stato ritrovato un bellissimo angelo riprodotto in mosaico, di cui si ignorava l’esistenza perché coperto finora da uno strato di intonaco.
Proprio leggendo quell’articolo, mi è venuto spontaneo domandarmi: e se anche il Natale, il nostro Natale, e non solo la Basilica di Betlemme, avesse bisogno di un restauro? Penso che occorra rispondere affermativamente. Il nostro Natale, infatti, ha perso in molti casi il suo splendore originario, la sua bellezza semplice e impegnativa a un tempo.
Ma come restaurarlo? Senza pretendere di avere competenze in materia, penso si possa dire che il modo con cui oggi si restaurano le opere d’arte vede sostanzialmente tre fasi: la pulizia di tutto lo sporco, la polvere, le incrostazioni, ecc. e l’eliminazione degli interventi maldestri e posticci fatti nel corso del tempo; il ripristino per quanto possibile della realtà originaria; la conservazione però anche delle varie stratificazioni significative che si sono via via aggiunte (si parla ora di restauro conservativo e non più di restauro radicale, come si faceva un tempo, quando si dimenticava che l’opera d’arte è qualcosa che vive, cresce, si modifica, viene interpretata nel tempo).
Perché non tentare di applicare queste diverse fasi di restauro al Natale? Occorre anzitutto togliere tutto ciò che lo ha incrostato e sporcato: un eccessivo consumismo, una riduzione a vuoti riti, l’essere diventato spunto per pubblicità melense e superficiali, il suo essere considerato un giorno di vacanza (e allora peccato che quest’anno cade di domenica…), e così via.
E’ poi necessario trovare la realtà originaria del Natale: cioè la nascita di Gesù. Il Natale è questo: non la festa dei buoni sentimenti, della pace, dei bambini, dell’inverno, ecc. Per ritrovare la realtà originaria non c’è altra strada che riprendere in mano i racconti dei Vangeli. Racconti sobri, essenziali, impegnativi. Impegnativi perché fanno sorgere dentro chi li legge o li ascolta domande profonde. Per esempio: quel Bambino è davvero il Figlio di Dio? E’ davvero il Salvatore? Ma se è così, posso restare indifferente di fronte a Lui o devo prendere posizione? Un aiuto, come sempre, nel leggere il Vangelo ci può essere dato dall’identificarci in qualche modo nei diversi personaggi: possiamo sentirci simili ai pastori che ricevono improvvisamente l’annuncio da parte degli angeli e vanno a vedere il segno che è stato dato loro; oppure considerarci vicini a i Magi e alla loro ricerca della luce e del senso dell’esistere; o anche – perché no? – sentire che dentro di noi c’è un po’ anche Erode, che non si lascia interpellare dalla nascita del Bambino, ma anzi lo vede come Colui che mette in crisi le sue certezze e convinzioni e il suo modo di vivere.
Nel nostro intervento di restauro non dobbiamo, poi, buttare via ciò che di positivo si è aggiunto al fatto originario della nascita di Gesù sia dal punto di vista cristiano, sia più semplicemente umano. Intendo riferirmi anzitutto al modo cristiano di celebrare il Natale, anzitutto alla liturgia, che nella sua semplicità e commovente bellezza (pensiamo alla Messa nella notte), ci fa entrare in reale comunione con il mistero del Dio che si fa uomo, che diventa uno di noi. Ma con la liturgia occorre ridare valore all’arte, che spesso interpreta profondamente più che con tante parole, il messaggio del Natale e anche dare spazio alle tradizioni più belle e più centrate sul mistero del Bambino: il presepe, i canti, le devozioni popolari.
Non bisogna infine buttare via tutto ciò che a livello umano viene sottolineato dal Natale (sempre che non si dimentichi il suo senso originario che è la celebrazione della nascita di Gesù): i sentimenti più veri del cuore di ciascuno, il valore della famiglia e della sua intimità più preziosa, l’importanza della dignità di ogni persona, gli slanci di bontà e di generosità, il desiderio di pace e di concordia.
Vorrei da ultimo aggiungere una considerazione sempre riferendomi all’idea del restauro. Ogni intervento di restauro, soprattutto oggi, non è fatto a caso, ma è preceduto e accompagnato da studio approfondito, da indagini sofisticate, da ricerche analitiche. Anche restaurare il Natale esige impegno e ricerca. Anzitutto nel meditare il Vangelo, ma poi nel trovare momenti di silenzio e di riflessione personale, per leggerci dentro e metterci a confronto con il Dio che si è fatto uomo. Il vero Natale da restaurare è, infatti, quello dentro di noi.
Auguri. Buon Natale. Bon Nadal. Vesel Božič.
† Vescovo Carlo