Carissimi,
quando sono stato nominato lo scorso giugno vescovo di Gorizia mi sono subito chiesto come conoscere questa nuova Comunità ecclesiale a cui il Santo Padre mi inviava come pastore. Uno dei primi utilissimi strumenti che ho avuto la fortuna di incontrare è stata “Voce Isontina”, settimanale che mi è stato inviato a Milano ancora prima del mio ingresso e che ho incominciato a leggere con grande interesse e apprezzamento. Da allora la lettura di Voce Isontina è diventata per me un appuntamento settimanale per conoscere ed entrare sempre più nella conoscenza della Diocesi. So che lo è anche per chi da sempre è parte di questa Chiesa e in questo settimanale trova lo specchio della propria realtà ecclesiale con le sue luci e ombre e soprattutto – cosa che oggi non guasta…- con le sue speranze e i suoi sogni.
L’importanza dei un settimanale diocesano è stata più volte ribadita dal Santo Padre: “I vostri settimanali sono definiti giustamente ‘giornali del popolo’, perché restano legati ai fatti ed alla vita del territorio e tramandano le tradizioni popolari ed il ricco patrimonio culturale e religioso dei vostri Paesi e città. Raccontando le vicende quotidiane, fate conoscere quella realtà intrisa di fede e di bontà che non fa rumore ma costituisce l’autentico tessuto della società italiana”. Sono parole rivolte da Benedetto XVI ai direttori dei settimanali cattolici italiani nel novembre del 2006 in occasione del 40° anniversario della costituzione della loro Federazione, la Fisc. In essa è ben evidenziato quel radicamento nella vita della Chiesa locale ed il legame con il territorio che del settimanale diocesano sono da sempre elementi costitutivi.
Ma quello del territorio non è un concetto statico ed immutabile. Soprattutto in un tempo come il nostro di globalizzazione, esso assume una valenza dinamica complessa; certamente geografica ma soprattutto culturale e sociale. Non passa giorno che risulti simile a quello che era il giorno precedente: come un fiume viene ingrossato dai suoi affluenti prima di giungere al mare, così anche il territorio viene arricchito dall’incontro con i territori dove ciascuno dei propri abitanti fonda le radici della propria storia personale.
Nel corso dei secoli, le terre attraversate dal fiume Isonzo, hanno offerto un’occasione di contatto davvero unica al mondo slavo, tedesco e latino. Qui il confine, prima che l’ideologia degli uomini ne facesse un elemento di divisione, è stato inteso come il luogo dove il finis rappresentava non il termine di tutto ma un’opportunità per ciascuno di andare-oltre, di crescere grazie all’apporto dell’altro.
Ancora oggi Voce Isontina è chiamata a testimoniare questa complessità territoriale, rinnovando la fedeltà alla missione che le venne affidata alla nascita dall’allora arcivescovo monsignor Pangrazio negli anni del Vaticano II: saper vedere con gli occhi della Fede e a raccontare con la voce della profezia la vita di quella Chiesa che I Padri conciliari ci ricordarono essere “popolo di Dio in cammino”. Un popolo pervaso dal dinamismo dell’evangelizzazione, in territori anche sconosciuti, nella certezza di essere sempre ed ovunque cittadino e straniero, radicato e pellegrino. E quest’ansia missionaria è anche la chiave per non farsi vincere dal “campanilismo, per permettere che il locale sia apertura e non chiusura e diventi veramente universale.
Alla redazione ed a tutti i collaboratori, esprimo il mio ringraziamento per il loro servizio alla nostra Chiesa attraverso l’ impegno nel settimanale. Ai sacerdoti, agli operatori pastorali, ai componenti delle Aggregazioni laicali rinnovo l’invito a sostenere ed a diffondere ancora maggiormente Voce Isontina, facendone veramente strumento della loro attività.
Su tutti invoco la benedizione del Signore.
† Vescovo Carlo