Quando comincia la vita eterna?

Sunday 9 April 2023

Domenica 9 aprile 2023, l’arcivescovo Carlo ha partecipato alle 6.30 in cattedrale alla Messa del Resurrexit con i fedeli di lingua slovena della diocesi e successivamente, alle 10, ha presieduto la messa nel giorno di Pasqua nella chiesa di S. Ignazio pronunciando la seguente omelia.

Vorrei soffermarmi con voi per riflettere su quanto ci ha detto san Paolo nel breve brano della lettera ai Colossesi, che abbiamo ascoltato come seconda lettura di questo giorno di Pasqua. Ci sono in esso due indicazioni che possono sembrarci strane, slegate dalla nostra realtà umana. La prima: «cercate le cose di lassù». La seconda: «voi siete morti».

Il cercare le cose di lassù, dove per “lassù” si intende il Cielo, l’Aldilà, sembra essere un invito a fuggire dalla vita di ogni giorno, dall’impegno nel lavoro, nella famiglia, nella società, insomma nel mondo. Pare dare ragione alla vecchia accusa rivolta alla religione come “alienazione”, come “oppio dei popoli” che distrae dall’impegno concreto per trasformare il mondo e combattere le sue ingiustizie. Ma anche la seconda affermazione pare piuttosto problematica: «voi siete morti». Se siamo qui, vuol dire che siamo tutti vivi, anche se, lo sappiamo anche se cerchiamo di non pensarci, la morte è il nostro destino.

Ho citato le due affermazioni di Paolo, ma avrete senz’altro notato che le ho isolate dal contesto per evidenziarle maggiormente e per evitare, come talvolta succede, che a forza di ascoltare e di leggere la Parola di Dio non ci lasciamo più sconvolgere dalle sue asserzioni sconvolgenti. Occorre però riprendere quanto dice l’apostolo, che collega le due frasi con la realtà di Cristo e di Cristo risorto. Sono pertanto due affermazioni profondamente legate alla Pasqua.

È, infatti, necessario cercare le cose di lassù, ma sapendo che questo “lassù” non è un generico aldilà, ma è «dove è Cristo, seduto alla destra di Dio». Non si tratta tanto di un’indicazione spaziale, di luogo, ma di relazione. Le cose di lassù sono le realtà che stanno a cuore a Gesù e a chi vive in comunione con Lui. Sono le realtà che ci vengono presentate dal Vangelo e che sono contrapposte a «quelle della terra». Quest’ultima espressione non individua le realtà umane né quelle del creato, volute da Dio e buone e belle se non per il peccato che tenta di rovinarle, bensì ciò che è negativo, ciò che è brutto, ciò che è lontano da Dio. Siamo chiamati a cercare le realtà di Gesù, ossia a vivere secondo il Vangelo, non però per un nostro sforzo personale, ma per una conformità a quello che siamo: «risorti con Cristo».

A questo punto sorge spontanea una domanda: come si fa a essere risorti se non siamo ancora passati dalla morte? È vero, non abbiamo ancora subito la morte fisica, ma abbiamo già vissuto una dinamica di morte e di vita. Questo è avvenuto con il nostro battesimo: lì siamo morti al peccato e abbiamo incominciato a risorgere. Non siamo ancora nella pienezza della gloria di Dio: lo saremo quando, come dice l’apostolo Paolo «Cristo, vostra vita, sarà manifestato». E però già stiamo vivendo la dinamica di una vita nuova.

Cerco di essere più concreto con una domanda: secondo voi, quando comincia la vita eterna? Con la morte? Con la fine del mondo? No, inizia con il battesimo. Se attraverso quel sacramento diventiamo figli e figlie di Dio, significa che siamo già in una vita nuova e definitiva. Certo, c’è ancora il passaggio oscuro e misterioso della morte fisica, ma è appunto un passaggio che non ci toglie la vita divina. Come sarebbe possibile, infatti, che un figlio, una figlia di Dio morisse? Se così succedesse, vorrebbe dire che il battesimo ci avrebbe dato solo il nome di figlio, di figlia di Dio e non la realtà della figliolanza divina.

Stanotte nella veglia pasquale in cattedrale, Valentino, un giovane afghano di 28 anni, ha ricevuto il battesimo. È cominciata per lui la vita eterna di figlio di Dio e gli viene chiesto di essere coerente con questa novità di vita. Lo sa bene, si è preparato a lungo per questo cambio radicale di vita, che affronta con coraggio.

Noi, battezzati da piccoli, abbiamo avuto il dono di entrare fin dai primi giorni della nostra esistenza fisica nella vita stessa di Dio. È un grande regalo che ci fa il Signore e dispiace constatare, se le statistiche sono esatte, che alla maggior parte dei bambini che nascono a Gorizia – pochi, ma ci sono – questa grazia viene negata, perché i genitori non chiedono per loro il battesimo (e forse i cristiani amici, o comunque vicini ai genitori, non sono di aiuto a richiamare l’importanza di questo dono…). Dicevo che noi battezzati da piccoli abbiamo avuto un grande dono, però allora non ne eravamo consapevoli e crescendo e maturando nella vita forse quella consapevolezza non l’abbiamo acquisita fino in fondo. Eppure l’educazione cristiana, da dare anzitutto in famiglia, e la catechesi dovrebbero far maturare anzitutto la coscienza di essere figli e figlie di Dio.

Sento a volte i catechisti che si lamentano perché i ragazzi che iniziano il cammino della prima Comunione non sanno neppure fare il segno di croce. Segnale probabilmente, purtroppo, di una totale assenza di un riferimento al Signore nelle loro famiglie. Ma ciò che bisogna insegnare a quei ragazzi non è anzitutto a fare il segno di croce, quanto piuttosto a sapere che sono figli e figlie di Dio, amati dal Padre, salvati da Gesù e guidati dallo Spirito Santo e che per questo vivranno per sempre, perché già risorti con Cristo.

Questo è il dato fondamentale della nostra fede, che anche noi adulti dobbiamo riscoprire con gioia. E questa riscoperta può cambiare la vita. La Pasqua ci aiuti in questo.

Auguri allora a tutti voi, qui presenti, che siete risorti con Cristo. Alleluia. Buona Pasqua –

 Vesela velika Noč – Buna Pasca.

+ vescovo Carlo