Il Signore lavora nel cuore di tutti
Omelia nella liturgia per l'ordinazione diaconale di Manuel Millo
29-09-2022

Giovedì 29 settembre 2022 l’arcivescovo Carlo ha presieduto nel duomo di Cervignano la liturgia in onore del patrono San Michele e conferito l’ordine del diaconato a Manuel Millo. Pubblichiamo di seguito la sua omelia.
«Vedrai cose più grandi di queste» ha detto Gesù a Natanaele, promettendogli che avrebbe visto il cielo aperto e il Figlio dell’uomo circondato dalla danza festante degli angeli. Noi, questa sera, stiamo vedendo qualcosa di grande e lo stanno contemplando anche gli angeli del cielo. E non è forse una grande cosa che il Signore scelga un giovane uomo un uomo che, come afferma il salmo 8, sembra nulla davanti all’immensità dei cieli eppure è stato creato «poco meno di un dio» -, e che lo scelga per affidargli il ministero diaconale a servizio di Dio e della Chiesa? E non è altrettanto una grande cosa che in un mondo come il nostro confuso, incerto, disorientato un giovane uomo decida per sempre – sì, proprio per sempre… – di dire di sì alla scelta di Dio? Non possiamo che essere pieni di commozione, di gioia e di ringraziamento per questo dono che finalmente, dopo tanti anni, viene fatto alla nostra Chiesa.

Come sempre è la Parola di Dio ciò che può farci almeno intuire il mistero di grazia che stiamo vivendo. Vorrei quindi ripercorrere con voi alcuni passi di quanto ci viene offerto dalleletture che la Chiesa ha scelto per la festa dei Santi Arcangeli (e naturalmente faccio un grande augurio a Cervignano che riconosce in uno degli arcangeli, Michele, il proprio patrono).

La prima lettura ci presenta quella che potremmo chiamare la corte di Dio, dove «mille migliaia lo servivano e diecimila miriadi lo assistevano». Un numero immenso di angeli che stanno davanti a Dio e lo servono. Il diacono è destinato a servire la comunità cristiana e soprattutto i poveri, ma anzitutto è chiamato a servire Dio. A stare davanti a Lui. Lui è il Tutto. Ho meditato in questi giorni un passo molto significativo di un grande biblista, don Bruno Maggioni, che esprime questa priorità di Dio rispetto a tutto e a tutti, in riferimento al comandamento dell’amore.

Ve lo leggo: «La nota dell’amore di Dio è la totalità: con tutto il cuore, con tutta la mente, con tutta la forza. Non c’è spazio per alcuna riserva. L’uomo deve vivere interamente proteso in una sola direzione, tutto raccolto in un solo desiderio… L’intensità dell’amore del prossimo è come se stesso. È l’intensità più grande possibile dell’amore che un uomo può mostrare per un altro uomo… Anche il ‘come te stesso’ dice la totalità, ma non dice ‘al di sopra di tutto’. L’amore per Dio è adorazione, l’amore per sestesso no, né dunque l’amore per l’altro. L’amore per se stesso deve anche sapersi ‘rinnegare’: “Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso…” (Mc 8,34). Il prossimo è da amare e servire, ma non adorare. La pienezza dell’uomo è la comunione con Dio, non con il prossimo» (B. Maggioni, L’amore del prossimo nel Nuovo Testamento, in La carità e la Chiesa. Virtù e ministero, Glossa, Milano 1993, pp. 35-36).

Caro Manuel, potrai servire il prossimo, amarlo, quanto più saprai adorare Dio come il tuo Tutto. L’adorazione, la contemplazione, la frequentazione della Parola, la preghiera non manchino mai nella tua vita, se vorrai servire per amore e in nome di Dio.

Del salmo responsoriale riprendo solo una frase: «Rendo grazie al tuo nome per il tuo amore e la tua fedeltà: hai reso la tua promessa più grande del tuo nome». C’è una promessa per te, caro Manuel, una promessa di Dio persino più grande del suo nome. Una promessa che è amore e fedeltà. Solo se c’è questa promessa – la sua promessa e non tanto la nostra – si può decidere per sempre di seguire il Signore, senza alcun timore e senza alcuna presunzione.

La seconda lettura ci presenta la drammatica lotta tra il bene e il male. Una lotta in cui siamo immersi anche oggi. C’è guerra, violenza, sopraffazione da ogni parte. E non solo in Ucraina. Mi colpisce il fatto che la voce potente nel cielo non dica che Michele alla fine ha vinto, ma che l’accusatore è stato vinto «grazie al sangue dell’Agnello», quel sangue che dà la forza persino di dare la vita a chi segue l’Agnello. La lotta tra bene e male, tra generosità ed egoismo, tra amore e odio, ma anche tra speranza e disperazione è anzitutto dentro di noi, nel nostro cuore. Si tratta di una lotta che fa soffrire, che spesso umilia, che ci fa sentire impotenti. Tu sei giovane, Manuel, ma non abbastanza per non sapere tutto questo. Ma c’è il sangue dell’Agnello che salva. Quel sangue di cui ci nutriamo nell’Eucaristia. Non allontanarti mai da questo sacramento, da questo cibo, da questa bevanda che dà vita.E permette di vivere realmente una vita donata.

Infine il Vangelo. Nella mia curiosità mi sono sempre chiesto che cosa ci faceva Natanaele sotto l’albero di fico quando Gesù, senza che lui se ne accorgesse, lo aveva visto. Anzi, lo aveva conosciuto tanto da poter dare un giudizio bellissimo su di lui.Una curiosità che deve restare giustamente inappagata. Perché c’è un’intimità profonda con il Signore che non va violata, ma rispettata nel suo mistero. Non so quale sia stato l’albero di fico dove Gesù ti ha guardato e ti ha conosciuto, caro Manuel, dove è cominciata la tua avventura che ti ha portato a oggi, non senza fatiche, difficoltà e qualche incidente. Ma penso anche con tanta gioia e consolazione. Tu lo sai bene, anche se neppure noi stessi ci conosciamo a fondo, ma solo Colui che, come afferma sant’Agostino, è «più intimo della nostra stessa intimità» (Confessioni 3,6.11). Il Signore ti ha comunque condotto qui per le sue vie e oggi vieni ordinato diacono per la Chiesa.

Sono sicuro che il Signore lavora – se così si può dire – nel cuore di tutti, anche di chi in apparenza è più lontano da Lui. Ma sono certo che è presente nel cuore di tanti giovani, uomini e donne, che si stanno interrogando sull’orientamento da dare nella loro vita. Non è facile percepire la voce del Signore nel mare di parole, suoni, immagini, sensazioni, emozioni in cui tutti siamo immersi, ma forse più di altri i giovani. Eppure il Signore parla ancora oggi nel cuore di ciascuno. Personalmente ho molta fiducia in questo e so che anche per la nostra Chiesa non mancheranno giovani che sapranno rispondere di sì alla chiamata del Signore, che sia un appello a servire la Chiesa nel presbiterato, nel diaconato, nei diversi ministeri istituiti, nella vita consacrata, nel matrimonio, nella società, ecc. alla fine non importa. Ciò che conta è seguire il Signore.

E chi come te dice di sì a Lui, può essere una forte e convincente testimonianza per i giovani. Del resto, se leggiamo un paio di versetti del Vangelo di Giovanni prima del passo di oggi, è facile constatare che Natanaele non è andato di propria iniziativa da Gesù, ma perché Filippo gli ha detto di aver incontrato il Messia e di fronte alla sua obiezione – «da Nazaret può venire qualcosa di buono?» – ha semplicemente aggiunto: «Vieni e vedi».

Ti auguro di cuore, caro Manuel, che tu possa dire a parole, ma soprattutto con la vita, a tanti giovani “vieni e vedi”.  

+ vescovo Carlo