Messaggero di buone notizie

Sunday 25 December 2022

Nel giorno di Natale, l’arcivescovo Carlo ha presieduto la messa in S. Ignazio e successivamente si è recato nella Casa circondariale di Gorizia per pranzare con i detenuti ed il personale. Pubblichiamo di seguito la sua omelia.

Quest’anno ho scelto di parlare del Natale utilizzando una antica favola, che tutti o quasi conosciamo, riportata da Esopo in greco e poi ripresa da Fedro in latino e da altri scrittori in varie versioni: quella della volpe e dell’uva. La volpe vuole raggiungere il bel grappolo d’uva matura che pende sopra la sua testa, ma non ci riesce e alla fine rinuncia dichiarando che l’uva è ancora acerba.

Ho pensato a questa favola perché mi sembra evidenziare molto bene l’atteggiamento di oggi spesso rinunciatario di fronte ai grandi ideali della vita: la pace, la giustizia, l’eguaglianza, la libertà, l’amore, … Siccome è difficile raggiungerli, è più facile dichiarare che non meritano il nostro impegno: appunto come se fossero dell’uva acerba.

Ma quello che mi sembra ancora più tragico oggi è che a volte non ci si limita a dichiarare con la volpe che l’uva è acerba, ma si arriva a dire più radicalmente che l’uva non c’è. Che i grandi ideali e i grandi valori non ci sono e che quindi conviene sopravvivere con lo sguardo rivolto a terra senza troppo illusioni. In fondo dire che il buono, il vero, il bello sono irraggiungibili o persino che non esistono, è un modo per tentare di difenderci da delusioni troppo grandi da sopportare, accontentandosi di vivere finché si può, alla meno peggio.

Il passo evangelico di oggi, questa pagina affascinante e impegnativa con cui si apre il Vangelo di Giovanni, è totalmente su un’altra linea e ci spalanca davanti agli occhi una visione che abbraccia l’intero universo e tutta la storia. Parla di un principio e pone in questo principio il Verbo di Dio, il Verbo che è luce e vita e in cui tutto è stato creato. Il Verbo di Dio che non abita un mondo lontano e irraggiungibile, ma è il senso di tutta la realtà, è la vita di tutto il creato. Ma ancora di più: si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi nascendo come bambino a Betlemme. Oggi lo contempliamo con gioia. La pagina di Vangelo è come alzare lo sguardo su un orizzonte infinito, respirare finalmente aria pura a pieni polmoni, allargare il cuore alla speranza. Per riprendere l’antica favola, dobbiamo dire che l’uva c’è, è matura, e che il tralcio si è abbassato fino a noi: Gesù che è la vite si è fatto vicino a noi, si è fatto vino nuovo, ci ha donato il suo sangue, la sua stessa vita. Non dobbiamo allora rinunciare ai valori più veri, non dobbiamo smettere di sperare e di sognare, non dobbiamo rifiutare di impegnarci. Certo ci sono le tenebre, che non accolgono il Verbo di Dio e sono impegnate a spegnere ogni luce di bene, di vero e di bello. E lo fanno anche oggi. Ma la luce del Verbo di Dio è più forte e alla fine le tenebre saranno vinte. Dobbiamo crederlo.

Lo si crede accogliendo in noi il Verbo di Dio e allora ci viene data la possibilità di essere figli e figlie di Dio: “A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati”. Noi cristiani dobbiamo quindi vivere da figli di Dio, perché lo siamo.

Come fare? Vi propongo un semplice esercizio. Immaginate che si rivolga a voi una persona non battezzata che volesse diventare cristiana. E che vi chiedesse: “quali sono le cose importanti da fare come cristiano?” Che cosa gli direste? Pregare, andare a Messa, essere fedele al marito o alla moglie, essere onesto, aiutare gli altri? Provate a pensarci. E se vi chiedesse più semplicemente: “vorrei essere cristiano, ma non spiegarmi troppe cose: tu sei cristiano, dimmi in che cosa ti devo copiare, imitare, così non mi sbaglio…”. Sicuramente sarebbe una richiesta che vi metterebbe in imbarazzo. Eppure, non è sbagliato diventare qualcuno per imitazione. In fondo siamo diventati grandi copiando molto dagli altri, a cominciare dai nostri genitori.

Forse la soluzione per uscire dall’imbarazzo ci viene suggerita da san Paolo che in una sua lettera fa un’affermazione impegnativa: “Diventate miei imitatori, come io lo sono di Cristo” (1 Corinti 11,1). Se si è proposto lui come modello, fosse posso esserlo anch’io. Intuisco però l’obiezione: lui poteva dire di imitarlo perché era un santo e per di più un apostolo, ma io che sono un poveretto, un cristiano imperfetto e spesso un peccatore, come posso dire di imitarmi?

In un’altra sua lettera, però, Paolo per così dire si toglie di mezzo e fa riferimento direttamente a Dio: “Fatevi dunque imitatori di Dio, quali figli carissimi, e camminate nella carità, nel modo in cui anche Cristo ci ha amato e ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore” (Efesini 5, 1-2). Ecco allora quale potrebbe essere la nostra risposta all’amico (o all’amica) che vuole diventare cristiano o cristiana: imita Gesù e imita me solo in quanto cerco di imitare Gesù. Prova a chiederti in ogni momento: che cosa penserebbe Gesù in questo momento, che cosa proverebbe dentro di sé, che sentimenti avrebbe, che cosa farebbe? Anch’io cerco di farlo, pur con le mie fragilità e debolezze. È Gesù, infatti, il Figlio di Dio, il modello per ogni figlio e figlia di Dio. Non tanto il Verbo, visto come Colui che era fin da principio e in cui tutte le cose sono state create, ma il Verbo che si è fatto bambino, uno di noi, uno uguale a noi perché anche noi diventassimo uguali a Lui.

La prima lettura, del profeta Isaia, ha parlato del “messaggero di buone notizie”: dobbiamo esserlo anche noi. La buona notizia, il Vangelo (parola che in greco significa appunto “buona notizia”), è che il Figlio di Dio si è fatto uomo affinché noi diventassimo figli di Dio. Non resta che imitarlo, non con il nostro sforzo, ma con la grazia dello Spirito Santo, quella grazia che – ci ha assicurato il Vangelo di Giovanni – ci è stata data in abbondanza: “Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto grazia su grazia”.

Auguri a tutti: Buon Natale, Vesel Božič, Bon Nadâl.

+ vescovo Carlo