Dove ho sperimentato quest’anno l’amore di Dio?

Saturday 31 December 2022

La sera di sabato 31 dicembre 2022, l’arcivescovo Carlo ha presieduto la liturgia nella chiesa di Sant’Ignazio pronunciando la seguente omelia. 

La conclusione di un anno ci invita a dare uno sguardo complessivo ai 12 mesi trascorsi, a fare un bilancio, a prendere coscienza di ciò che è successo attorno a noi e soprattutto dentro di noi. È qualcosa di importante: il tempo non è tanto quello fisico, scandito dagli orologi o dai più sofisticati strumenti elettronici, quanto piuttosto quello degli uomini, che soli sanno collegare passato, presente e futuro e cercarne il senso. Il tempo più importante è quello abitato da ciascuno di noi, perché il tempo è la nostra vita, siamo noi. È giusto prenderne coscienza, fare memoria e farla davanti a Dio, perché con la nascita del Verbo di Dio a Betlemme più di duemila anni fa il tempo dell’uomo è diventato il tempo di Dio, si è rivelato pienamente come tempo di salvezza.

Vorrei questa sera suggerirvi di rileggere quest’anno che si chiude riprendendo due spunti che ci vengono offerti da papa Francesco e dal papa emerito Benedetto, che oggi è entrato definitivamente nel tempo eterno di Dio, un pontefice che ricordiamo commossi con riconoscenza, ammirazione ed affetto.

Papa Francesco qualche giorno fa ha scritto una lettera apostolica dedicata al IV centenario della morte di san Francesco di Sales, un santo oggi poco conosciuto, ma molto importante per la spiritualità cristiana anche a livello popolare: tra i vecchi libri di devozione che magari avete in qualche soffitta è facile trovare la sua “Filotea o introduzione alla vita devota” (per altro i “salesiani”, fondati da san Giovanni Bosco, si chiamano così proprio per il legame tra il santo di Torino e San Francesco di Sales).

Il titolo del testo di papa Francesco, in italiano, è: «tutto appartiene all’amore». Si tratta di una citazione presa da un altro libro famoso di san Francesco di Sales: “Trattato dell’amore di Dio”. Il centro della spiritualità di questo santo è proprio l’amore, che giudica ogni cosa e guida la vita. Scrive a questo proposito papa Francesco: «Ecco la domanda vera che supera di slancio ogni rigidità e ogni ripiegamento su se stessi: chiedersi in ogni momento, in ogni scelta, in ogni circostanza della vita dove si trova il maggiore amore».

Prendendo spunto da questo vorrei allora invitarvi stasera a fare per così dire un esame di coscienza circa l’anno che si chiude non sui peccati, ma sull’amore. La domanda diventa duplice: dove quest’anno ho sperimentato l’amore e dove ho amato.

Un amore sperimentato anzitutto da parte di Dio che ci ha donato anche quest’anno la vita, la fede, la forza di andare avanti, la speranza, il perdono, ecc. Ma chiediamoci: dove in particolare quest’anno ho provato l’amore di Dio? L’amore di un padre amorevole che, come ci ha ricordato san Paolo nella seconda lettura, possiamo chiamare affettuosamente “papà”. Un amore sperimentato nel profondo del cuore, ma anche in modo molto concreto direttamente da Dio o da parte dei suoi angeli o, più spesso, da parte delle persone – talvolta quelle più vicine, altre volte magari incontrate solo una volta -, persone comunque che sono state per me segno concreto dell’amore di un Dio pieno di tenerezza e misericordia. Perciò è anche importante chiederci in quali occasioni sono stato amato dalle persone, prendere coscienza dell’amore ricevuto, soprattutto se gratuito e inaspettato. Non solo nei regali, ma anche nell’amore, le sorprese sono le cose più gradite.

La seconda domanda con cui prendere coscienza di quest’anno riguarda l’amore che ho donato: dove, quando, chi ho amato? Ci può aiutare una citazione di una splendida enciclica di papa Benedetto dedicata all’amore: “Deus caritas est”, cioè “Dio è amore”. Un testo molto bello dove papa Benedetto offre, tra l’altro, una riflessione molto profonda sull’amore umano in tutte le sue dimensioni, in particolare, riprendendo due termini greci, come “eros” e come “agape”.

L’eros è l’amore di desiderio che tende a essere possessivo; l’agape è l’amore oblativo, che tende a donarsi all’altro. Papa Benedetto ricorda che spesso si è accusato il cristianesimo di cancellare la prima forma di amore, mentre l’amore che ci viene proposto dal Vangelo è una sintesi delle due dimensioni.

Ecco le parole del papa, impegnative, ma anche chiare, che ci possono aiutare a rispondere sul nostro avere amato durante quest’anno. Una citazione un po’ lunga, ma che vi invito ad ascoltare con attenzione: «eros e agape — amore ascendente e amore discendente — non si lasciano mai separare completamente l’uno dall’altro. Quanto più ambedue, pur in dimensioni diverse, trovano la giusta unità nell’unica realtà dell’amore, tanto più si realizza la vera natura dell’amore in genere. Anche se l’eros inizialmente è soprattutto bramoso, ascendente — fascinazione per la grande promessa di felicità — nell’avvicinarsi poi all’altro si porrà sempre meno domande su di sé, cercherà sempre di più la felicità dell’altro, si preoccuperà sempre di più di lui, si donerà e desidererà «esserci per» l’altro. Così il momento dell’agape si inserisce in esso; altrimenti l’eros decade e perde anche la sua stessa natura. D’altra parte, l’uomo non può neanche vivere esclusivamente nell’amore oblativo, discendente. Non può sempre soltanto donare, deve anche ricevere. Chi vuol donare amore, deve egli stesso riceverlo in dono. Certo, l’uomo può — come ci dice il Signore — diventare sorgente dalla quale sgorgano fiumi di acqua viva (cfr Gv 7, 37-38). Ma per divenire una tale sorgente, egli stesso deve bere, sempre di nuovo, a quella prima, originaria sorgente che è Gesù Cristo, dal cui cuore trafitto scaturisce l’amore di Dio (cfr Gv 19, 34)» (Deus caritas est, n. 7).

Quanto affermato da papa Benedetto ci aiuta a comprendere che le due domande sull’amore in realtà sono una: l’amore donato non può prescindere dall’amore ricevuto. Allora chiediamoci più semplicemente: dove c’è stato amore in questi dodici mesi della mia vita?

Ma le ultime parole della citazione dell’enciclica di papa Ratzinger ci portano alla sorgente dell’amore: Gesù. Lui che in questi giorni di Natale contempliamo con i pastori deposto nella mangiatoia di Betlemme è l’amore di Dio che si è fatto carne. Quel Bambino sarà il Crocifisso che ci amerà sino alla fine. Il suo amore non verrà meno anche nel prossimo anno, un anno benedetto da Dio come ci ha ricordato la prima lettura, un anno in cui, per grazia, potremo ancora essere amati e amare.    

+ vescovo Carlo